Predator: Hunting Grounds fa il suo debutto nella sua nuova veste next-gen dopo il lancio originario nel 2020, e se siete fan del celebre alieno cacciatore, probabilmente nutrivate qualche speranza per questa nuova riedizione. Io, che sono cresciuto con i ruggiti del Predator e i suoi invisibili passi nella giungla, ero emozionato all’idea di vedere come si sarebbe comportato questo iconico personaggio sulle console di nuova generazione.
E con l’arrivo dell’edizione speciale Yautja Edition, che include tutti i Predator aggiuntivi e contenuti extra rilasciati finora, le promesse erano alte. Ma, come spesso accade, la realtà non sempre riesce a stare al passo con le aspettative.
Il cacciatore è tornato… ma solo a metà
Parliamo chiaro: Predator è un franchise che ha lasciato un segno profondo nella cultura pop. Dalla prima apparizione sul grande schermo nel 1987 con nientepopodiméno che Arnold Schwarzenegger, è diventato una leggenda del cinema, una figura inarrestabile che fa del suo codice di caccia una religione. Per chi, come me, ha visto decine di volte l’alieno smembratore combattere nelle giungle sudamericane, il richiamo di impersonarlo in un videogioco era un’attrazione irresistibile.
Ma questa attrazione si scontra subito con un sistema di gioco che nonostante quattro anni di continui miglioramenti ancora non sfrutta appieno la sua essenza.
Da un punto di vista puramente tecnico, su Xbox Series X Predator: Hunting Grounds beneficia di un notevole miglioramento del frame rate rispetto al provato su Steam del 2020, mantenendosi stabile a 60 fps, e il design del Predator stesso è ancora più impressionante: dalle lame ai gadget come il celebre cannone al plasma e la mimetizzazione ottica. Ma a cosa serve tanta potenza se poi ancora l’anima del gioco fatica ad emergere?
Vestire i panni del Predator è divertente, almeno all’inizio, ma presto ci si accorge che le mappe di gioco non sono all’altezza del personaggio che si sta controllando. Sembra quasi un’occasione sprecata, come se qualcuno avesse dimenticato che il Predator è un maestro di strategia, non solo di forza bruta.
Tensione mancata in un multiplayer che fatica a decollare
Il fulcro di Predator: Hunting Grounds resta il gameplay asimmetrico multigiocatore, in cui da una parte abbiamo la squadra di soldati intenti a completare missioni disperate nella giungla, dall’altra il letale Predator, armato fino ai denti con la sua inconfondibile tecnologia aliena.
Il problema è che le modalità di gioco sono ancora ambientate in mappe ancora troppo spoglie, che non riescono ancora a mettere in mostra la tensione che una caccia asimmetrica dovrebbe avere: il cacciatore che pianifica i suoi attacchi dall’ombra, i soldati che cercano di resistere e coordinarsi per sopravvivere.
Invece, ci ritroviamo a correre senza una vera strategia, con scontri che spesso diventano confusi piuttosto che tesi. Sembra quasi di avere a che fare con l’ennesimo match di Call of Duty. Ed è un dispiacere, perchè il gioco tecnicamente ha tutte le carte in tavola per essere accostato a titoli enormi come Dead by Daylight.
Yautja Edition porta novità, ma il matchmaking resta un’ombra
La nuova edizione Predator: Hunting Grounds – Yautja Edition, disponibile in tutti i principali store, è senza dubbio l’offerta più ricca mai vista per i fan del franchise. Include una pletora di contenuti aggiuntivi, con ben 15 classi Predator premium. Questo significa che puoi calarti nei panni non solo del classico cacciatore alieno, ma anche di figure iconiche come il Predator Samurai, il brutale Predator Viking, o il raffinato Predator Falconer.
E per chi apprezza i richiami ai film della saga, ci sono anche personaggi leggendari come il Predator City Hunter e il terrificante Mr. Black. Inoltre, l’inclusione del nuovissimo Predator Emissario, con il suo equipaggiamento high-tech, porta un pizzico di varietà e offre ai veterani del gioco qualcosa di nuovo con cui confrontarsi.
Nonostante l’aggiunta di questi contenuti, il gameplay di fondo rimane però invariato. Vestire i panni del Predator è divertente e adrenalinico, con la possibilità di saltare sugli alberi, usare il cannone al plasma da spalla o il celebre combi stick.
Ma quando tocca ai soldati, la situazione cambia drasticamente. Le missioni della squadra di fuoco risultano ripetitive, e le sparatorie – con armi che sembrano uscite da una generazione fa – non trasmettono la giusta sensazione di impatto.
Ma il vero tallone d’Achille di Predator: Hunting Grounds resta però il matchmaking. Nonostante l’introduzione del cross-play, durante le mie sessioni ho comunque riscontrato qualche difficoltà nel trovare una partita.
“Se sanguina, possiamo ucciderlo”
Come grande appassionato della serie Predator, non posso fare a meno di sentirmi parzialmente deluso da Predator: Hunting Grounds. Questo gioco ha tutte le carte in regola per essere un’esperienza memorabile ma si perde in alcune piccole problematiche che purtroppo non gli permettono di emergere.
Un bilanciamento migliore tra le parti e un’ulteriore rifinitura nel level design sicuramente riuscirebbero a rendere più solido il gameplay.
Il Predator stesso, che nel film è il perfetto cacciatore, qui è ridotto a un personaggio che non ha bisogno della sua astuzia. Ricordo con affetto la scena iconica di Schwarzenegger che, coperto di fango, riesce a ribaltare le sorti della caccia dicendo “Se sanguina, possiamo ucciderlo”. Qui, invece, sembra che Predator: Hunting Grounds sanguini dall’inizio e dopo quattro anni ancora non sia riuscito del tutto a rialzarsi.
VOTO 6.5/10
Pro
- Tecnicamente eccellente
- Grande varietà di Predator
- Performance solide
- Cross-play
Contro
- Map design scarno
- Bilanciamento non ottimale
- Matchmaking non immediato