Iniziare a parlare di Death Stranding Director’s Cut è un po’ come tentare di spiegare un sogno vivido che non sai se è stato bello o solo incredibilmente intenso. Per anni, il gioco di Kojima Productions e pubblicato da 505 Games è rimasto avvolto in un’aura di mistero e controversia: per alcuni un capolavoro visionario, per altri un “walking simulator” noioso e pretenzioso. Dopo averlo iniziato svariate volte su altre piattaforme e averlo abbandonato ogni volta – per mancanza di tempo, forse di voglia – questa volta, grazie alla sua uscita su Xbox, ho deciso che era giunto il momento di affrontarlo sul serio. Non è stato solo un obbligo professionale: è diventato un’esperienza che non dimenticherò facilmente.
Una metafora della vita
Definire Death Stranding con una semplice etichetta è quasi impossibile. Si parla spesso di arte nei videogiochi, ma raramente ci troviamo di fronte a opere che superano il confine dell’intrattenimento. Questo titolo, però, trascende il concetto di videogioco tradizionale, avvicinandosi più a un’esperienza artistica. Non perché manchi di divertimento, ma perché riesce a trasmettere emozioni e significati che vanno ben oltre il piacere del gameplay.
Sì, Death Stranding è lento. Lentissimo, a volte. Ogni passo, ogni carico trasportato, ogni decisione su come bilanciare il peso o quale strada scegliere richiede concentrazione e pazienza. Ed è proprio in questa lentezza che risiede la sua potenza. Camminare su terreni impervi, inciampare su rocce che non avevi notato, pianificare i tuoi percorsi per evitare i BT (quelle creature spettrali che infestano il mondo): tutto questo non è solo gameplay, è un’allegoria della vita stessa. Il gioco ti chiede di trovare equilibrio – fisico e mentale – e di continuare a muoverti, anche quando il cammino sembra insormontabile.
Sam Porter Bridges, il protagonista interpretato da Norman Reedus, non è un eroe tradizionale. È un corriere, una figura quasi umile, che deve attraversare un’America devastata da una catastrofe soprannaturale chiamata Death Stranding. Il suo obiettivo? Ricollegare le persone, portare speranza, un pacco alla volta. Ed è qui che emerge la bellezza del gioco: non riguarda solo l’azione, ma il significato che diamo alle connessioni umane, anche quelle più piccole e apparentemente insignificanti.
La nuova prospettiva su Xbox
Un cammino solitario, ma non troppo
Nonostante l’apparente solitudine del gioco, il mondo di Death Stranding non ti lascia mai davvero solo. La componente online è geniale: non incontri mai altri giocatori direttamente, ma trovi le loro tracce, i loro aiuti, le loro strutture lasciate lungo il cammino. Una scala posizionata da uno sconosciuto può salvarti da un fiume impetuoso; un generatore lasciato da qualcuno può ridarti carica quando sei a un passo dal fallimento. Non sai chi siano queste persone, ma le senti vicine. È un’esperienza di cooperazione anonima che riesce a essere straordinariamente umana.
C’è un momento che ricorderò per sempre: ero bloccato in una valle, con il carico danneggiato e il morale a pezzi. Poi, in lontananza, ho visto una struttura costruita da un altro giocatore. Era un piccolo rifugio, ma per me in quel momento era tutto. Ho lasciato un “mi piace”, e non è stato un gesto meccanico: era un vero e proprio grazie, sentito.
Messi alla prova
Death Stranding non è un gioco facile da amare. Ti richiede pazienza, ti spinge a riflettere, ti chiede di immergerti completamente nel suo mondo. Non è per tutti, e va bene così. È un’opera che non fa compromessi, che ti lascia spazio per interpretarla e viverla a modo tuo.
Nonostante il tempo passato dalla sua prima uscita, Death Stranding Director’s Cut continua a sembrare rivoluzionario. Forse perché non è tanto un prodotto del suo tempo, quanto un’opera universale: parla di connessioni umane, di speranza, di resilienza. È un promemoria che, nonostante le difficoltà, possiamo sempre trovare un modo per andare avanti, un passo alla volta.
Conclusione
Alla fine, Death Stranding Director’s Cut non è solo un gioco, è un viaggio. È impegnativo, a volte frustrante, ma anche profondamente gratificante. Dopo averlo finalmente vissuto davvero, posso dire con certezza che è un’opera che merita di essere giocata, non per divertirsi nel senso tradizionale, ma per scoprire qualcosa di nuovo su se stessi e sul mondo. Se non lo avete ancora fatto, dategli una possibilità: potrebbe non essere amore a prima vista, ma, come ogni cammino importante, vale la pena percorrerlo.
Death Stranding Director’s Cut è disponibile su PlayStation 5, PC, Xbox Series X/S e Amazon Luna.
VOTO 9/10
Pro
- Narrazione profonda e unica
- Atmosfera immersiva
- Gameplay innovativo
- Direzione artistica e tecnica eccellente
- Un’opera che osa
Contro
- Ritmo lento
- Gameplay non per tutti
- Sistema di combattimento secondario
- Trama a tratti criptica