
Death Elevator mi ha subito colpito per la sua atmosfera claustrofobica e il suo gameplay brutale. iIl gioco, sviluppato da Games From The Abyss e pubblicato da QUByte Interactive, si presenta come uno sparatutto arcade in prima persona, ispirato a classici come Superhot, ma con una propria identità fatta di tensione costante e azione fulminea.
Man mano che si procede emergono, però, i limiti di un’esperienza che sembra più un test di resistenza che un viaggio attraverso livelli sempre più avvincenti. La ripetitività si insinua presto, e la mancanza di una progressione significativa rende difficile trovare una motivazione per continuare a giocare a lungo termine. Il senso di sfida è innegabile, ma senza una struttura più elaborata, Death Elevator rischia di essere ricordato più per la sua crudele difficoltà che per il suo valore di rigiocabilità. memorabile.
Un mistero senza risposte – L’assenza di trama di Death Elevator
Death Elevator non ha una vera e propria trama nel senso tradizionale, ma come tanti titoli arcade, si tratta piuttosto di una premessa che funge da giustificazione per l’azione frenetica del gioco. Il giocatore assume il ruolo di un protagonista senza nome intrappolato in un ascensore infestato da nemici letali. L’unico modo per sopravvivere è combattere attraverso i vari piani, eliminando ogni minaccia che si presenta lungo il percorso.
Non viene fornito un contesto narrativo approfondito, non sappiamo nulla di dettagliato: chi sia il protagonista, perché si trovi nell’ascensore o chi siano gli avversari e questa mancanza di una storia strutturata potrebbe far sentire la progressione meno coinvolgente per alcuni, che avrebbero potuto apprezzare un minimo di contesto o lore per arricchire l’esperienza.
Una sfida implacabile tra strategia e ripetizione
Il fulcro di Death Elevator è il suo sistema di combattimento che fonde velocità, tensione e precisione in un’esperienza al cardiopalma. Ogni piano dell’ascensore è un’arena piena di nemici pronti a eliminarti con un solo colpo ed è proprio qui che entra in gioco il bullet time, che rallenterà il tempo per permetterti di reagire con una piccola particolarità…non sarai tu a controllarlo, bensì i tuoi nemici! Questo dettaglio aggiunge tensione costante, costringendoti a studiare i movimenti degli avversari e a rispondere con precisione letale. Le armi sono varie e potenti, ma temporanee, il che ti obbliga a un continuo adattamento.
Vedrai come la difficoltà del gioco è spietata e ogni errore viene punito con il game over e il ritorno all’inizio. Non esistono checkpoint né aiuti, e la modalità Hardcore elimina persino il bullet time, trasformando il gioco in una sfida per veri veterani. Questa impostazione crea una curva di apprendimento brutale ma appagante, in cui il progresso dipende esclusivamente dall’abilità del giocatore.
Personalmente, ho apprezzato questo gameplay privo di compromessi. Sentire il miglioramento delle mie abilità è stato gratificante, ma dopo un po’ la sensazione di ripetitività ha preso il sopravvento. Superare i primi piani, sfruttando il bullet time e le armi raccolte sul momento, dà un senso di potenza incredibil ma con il passare delle partite i piani si assomigliano e, senza una progressione strutturata o nemici più complessi, il gioco rischia di scivolare nella monotonia.
Minimalismo visivo e un sound design che amplifica la tensione
Visivamente, Death Elevator ha uno stile essenziale ed efficace al tempo stesso, adottando un design spoglio e asettico che richiama le ambientazioni futuristiche e simulate, simili a quelle delle sale d’addestramento olografiche della fantascienza. Non c’è molto da osservare nei livelli, il che può essere un pregio per chi cerca un’esperienza immediata, ma un difetto per chi ama mondi più immersivi. L’illuminazione gioca un ruolo importante nel creare l’atmosfera: luci fredde e nette accentuano il senso di isolamento, mentre l’uso di colori contrastanti aiuta a identificare i nemici e gli oggetti utili in un ambiente altrimenti anonimo.
Invece, ho apprezzato molto di più il comparto audio. Il sound design è uno degli elementi più riusciti, con i suoi spari delle armi soddisfacenti e distintivi, rendono ogni colpo appagante. Il rallentamento del tempo durante il bullet time è enfatizzato da un effetto sonoro che amplifica la tensione, facendoti percepire ogni istante di pericolo in modo intenso. La colonna sonora, seppur non memorabile, accompagna bene l’azione senza risultare invasiva. Le tracce musicali si adattano al ritmo, mantenendo alto il senso di urgenza, senza rubare la scena al gameplay.
Un’esperienza intensa ma con poca sostanza
Dopo diverse ore trascorse giocando, mi sono ritrovato combattuto. Da un lato, ho apprezzato la sfida e il gameplay immediato, che offre momenti di adrenalina pura ma dall’altro, l’assenza di una vera progressione e la ripetitività hanno lasciato in me la sensazione di un’esperienza incompleta. È un gioco che funziona nel breve periodo, ma che fatica a tenerti incollato a lungo. In definitiva, Death Elevator è un esperimento interessante, un’idea con molto potenziale, ma che avrebbe beneficiato di maggiore varietà e profondità.