
Nel vasto universo degli indie, S. Prysm Destroyer prova a farsi notare come run and gun vecchia scuola, con una protagonista rosa shocking e un’estetica che richiama i tempi lontani dei primi sparatutto su PC. Ma tra nostalgie visive, difficoltà spietata e qualche scelta discutibile, la creatura di MaidsWithGuns (portata su console da eastasiasoft) riesce davvero a convincere?
Una trama… sì, c’è, ma serve a poco
Vestiamo i panni – e che panni! – di Amor, una ragazza punk dal cuore tenero, innamorata di un tipo che colleziona robot da costruzione. Il dettaglio più importante? La sua ossessione per una giacca. Sì, davvero. E no, non è una metafora. Ma non preoccupatevi: la narrativa è appena accennata, il che va benissimo, perché ciò che conta è sparare, saltare e sopravvivere.
Semplice ma non banale
Il gameplay è diretto: salta, spara, muoviti, ripeti. Una formula alla Contra, con controlli essenziali e una curva di apprendimento rapida. Amor può anche planare grazie a un razzo zaino, mentre tenendo premuto un tasto si blocca in posizione per mirare con precisione. Le basi ci sono tutte per un arcade frenetico e impegnativo.
Ma non fatevi ingannare: non è una passeggiata. Gli attacchi nemici arrivano da ogni direzione, i livelli sono zeppi di trappole ambientali e torrette fisse che sembrano indistruttibili. In compenso, si trovano dei power-up (mitragliatrici, colpi a ventaglio e altri classici), oltre alla trasformazione temporanea in un mech chiamato Prysm Destroyer, con attacchi devastanti ma che vi rendono anche bersagli più facili.
Difficile è dire poco
Il vero nemico del gioco però non sono i robot. È la difficoltà sbilanciata. I nemici base richiedono troppi colpi per essere abbattuti e la mancanza di una modalità facile rende l’esperienza frustrante già dal primo livello. Non ci sono opzioni di cooperativa, il che è un’occasione mancata: un secondo giocatore avrebbe potuto alleggerire la fatica e aumentare il divertimento.
Tecnicamente… un ritorno sbagliato al passato
Lo stile grafico è ispirato ai primi anni 90, con modelli poligonali spartani e un filtro visivo fisso che rende tutto sfocato, come se qualcuno avesse passato vaselina sullo schermo. Un effetto che dovrebbe essere opzionale, ma invece è obbligatorio. Anche l’interfaccia utente non aiuta: occupa troppo spazio a schermo e confonde più che aiutare, con indicatori poco chiari e informazioni mal posizionate.
Un gioco con buone intenzioni… ma poche soddisfazioni
S. Prysm Destroyer ha qualche buona idea e una sfida che potrebbe piacere agli irriducibili del genere. Ma tra la ripetitività dei livelli (che si riciclano già dopo i primi tre), una difficoltà ingiusta e scelte stilistiche poco azzeccate, il risultato è un titolo che diverte solo per brevi sessioni. Peccato, perché il potenziale c’era.